lunedì 23 gennaio 2012

La scienza non è scettica

Un campo interessantissimo da analizzare in chiave scettica è quello della scienza. Essa offre un contributo fondamentale all’evoluzione e alla vita dell’uomo, tuttavia presenta al suo interno una contraddizione di fondo. Ricercatori e scienziati di tutto il mondo si battono per affermare la necessità della ricerca, contrapponendola ai dogmi religiosi che, troppo spesso, la frenano e la limitano; cellule staminali, fecondazione assistita, eutanasia, sono tutti argomenti cari alla scienza e tabù per la Chiesa. La scienza conduce un’accanita guerra contro il fondamentalismo religioso, comportandosi però, di fatto, come il suo acerrimo nemico, rifiutando di accettare la possibilità che esista qualcosa di non dimostrabile scientificamente. Essa infatti contrappone al fondamentalismo religioso, un fondamentalismo scientifico per nulla meno ottuso; se la religione infatti impone dogmi la cui validità non è in alcun modo dimostrabile, la scienza fa altrettanto, rifiutandosi drasticamente di riconoscere i propri limiti. Essa parte dal presupposto che tutto sia spiegabile, che ciò che ora non riusciamo a comprendere lo comprenderemo domani poiché ogni cosa ha una spiegazione: una spiegazione scientifica. Ci si rifiuta, ad esempio, di valutare la possibilità che alcune guarigioni inspiegabili siano miracolose, oppure si esclude a priori che la vita possa aver avuto un’origine divina, insistendo nel sostenere teorie che potrebbero essere vere ma potrebbero anche non esserlo. Lo scienziato che rifiuta categoricamente l’esistenza di Dio, che nega con veemenza i limiti della scienza, non è in nulla diverso dal papa o dai vescovi ai quali egli si contrappone. La ricerca scientifica deve continuare, certo, ma deve anche accettare i propri limiti dubitando nella stessa maniera in cui dovrebbe dubitare un fedele osservante religioso o più in generale, ogni essere umano. Non si dimostra negando ma dubitando, uno scienziato non scettico non è uno scienziato, non è interessato alla ricerca della verità quanto piuttosto alla ricerca di una verità. Il dubbio deve allargarsi su tutto, in ogni campo, anche in quello della ricerca scientifica; solo così l’essere umano potrà effettuare quel salto di qualità di cui tanto necessiterebbe ma dal quale è purtroppo molto lontano.

domenica 8 gennaio 2012

Cosa sono i valori?

Una domanda cruciale nell'analisi filosofica è quella che ci porta a interrogarci su cosa siano i valori. Essenzialmente essi sono ciò che rende un individuo valido e meritevole di stima agli occhi del prossimo. Nel tempo tali valori sono mutati ma in nessun caso possiamo riconoscerne la loro universalità ed effettiva validità. Già Nietzsche puntava il dito contro i valori antivitali promossi dal Cristianesimo, criticando l’assoluta irrazionalità e insensatezza nel riconoscere come peculiarità umane meritevoli di stima, l’inclinazione al sacrificio e alla carità, la castità e l’autoflagellazione. Insensatezza e irrazionalità a parte, per quale motivo l’uomo dovrebbe accettare ossequiosamente come valore un precetto antivitale? Non tutti condividerebbero, verrebbe meno l’universalità e quindi, non saremmo in presenza di un valore. Anche Onfray, in tempi più recenti ha attaccato l’esaltazione dei valori antivitali, senza però soffermarsi sull’aspetto più moderno e ampio del discorso. Oggi a questi valori, se ne sono affiancati altri: la ricchezza e la bellezza fisica dominano l’immaginario collettivo della nostra società, venendo visti come obiettivi da raggiungere con ogni mezzo. Nel mondo contemporaneo il denaro eleva l’individuo a figura da osannare ma non è detto che effettivamente la ricchezza debba essere considerata un valore; essa genera disparità e, per questo, genererà stima in alcuni e sentimenti opposti in altri, in coloro che da tale ricchezza sono penalizzati o in coloro che vorrebbero possederla e invece non la possiedono. Ciò mostra in maniera inequivocabile la mancanza di universalità di ciò che noi definiamo valore, poiché, altrimenti, tutti noi lo riconosceremmo come degno di stima incondizionatamente. La bellezza fisica a sua volta manca dell’universalità necessaria per essere definita un valore, poiché, sempre ammesso che la bellezza possa essere definita in maniera oggettiva, essendo indipendente dalle capacità, non può generare stima, al più ammirazione; piuttosto genererà invidia nell’individuo che ne è sprovvisto. I valori dovrebbero necessariamente scaturire dalla morale ma, non essendo quest’ultima ad oggi conoscibile, non potrà essere conoscibile neppure ciò che da essa eventualmente scaturirebbe.